18 febbraio, 1999
Diari di Pesca
Prefazione
18 febbraio, 1999
I racconti riportati in questa raccolta non sono le cronache di alcune battute di
pesca, ma una serie di osservazioni sul comportamento delle specie che ho
cacciato, la descrizione delle strategie impiegate nella cattura e una meticolosa
descrizione delle abitudini delle principali prede che ho incontrato lungo un
periodo approssimativo di un paio di anni.
Nel mio approccio all’attività venatoria, il lettore non troverà l’arroganza di un
conquistatore, ne il “buonismo” di chi cattura e poi libera la propria preda.
La mia attività è cruenta e non me ne vergogno, né, me ne dispiaccio.
Con questo atteggiamento mi pongo in contrapposizione alla
dominante cultura che, da anni, ha stabilito un rapporto ipocrita verso
i pesci e gli animali in genere, inquadrando l’uomo solo come “l’amico
degli animali “
fin dalle origini della nostra specie i pesci sono stati e sono il nostro cibo !
L’uomo è ai vertici di molte catene alimentari del pianeta ed è corretto, una
volta tanto, riconoscere il suo vero ruolo biologico sulla Terra, al di là delle
tante filosofie fuorvianti oggi così accreditate e divulgate.
Il numero degli uomini che vivono sul pianeta in rapporto al numero dei
“selvatici” che lo occupano, tuttavia, obbliga il “cacciatore” ad un prelievo
alimentare, mirato e condizionato.
Questo comportamento è fondamentale per una duratura “sostenibilità”
dell’attività venatoria, per tale ragione, la mia regola al riguardo si basa sul
principio del:
prelievo selettivo
ovvero il prelevamento mirato di una quantità limitata di prede adulte.
Dopo quarant’anni di pratica venatoria continua ed intensa il mio
atteggiamento sott’acqua ha sviluppato, inoltre, una sfumatura particolare:
la curiosità
il desiderio di sapere di un cacciatore etologo.
Ogni diario, così, oltre a raccontare e descrivere le modalità di alcune catture,
sviluppa delle osservazioni personali sul comportamento dei pesci che tendono
ad allargare le conoscenze del lettore sulle abitudini di alcune specie ittiche
selvatiche.
Nei testi, inoltre, si offre un “modello di comportamento venatorio” al quale mi
sto attenendo da circa vent’anni e che ha garantito , pur battendo le stesse
zone, una continua abbondanza e un ricambio costante di pesce.
Un modello venatorio che è basato su regole e comportamenti destinati a
definire il “Pescatore subacqueo del III° Millennio”: un cacciatore con una
cultura ed una visione ampia della predazione costruita, fondata otre che sulla
“fisicità”, anche sulla conoscenza etologica e scientifica.
Questa raccolta di diari rientra nel “disegno” più ampio della formazione di una
cultura venatoria nell’attività della pesca subacquea, a tutt’oggi, abbandonata
all’etica ed al comportamento del singolo cacciatore, regolamentata da leggi
disarticolate e sorpassate.
La volontà di rendere noto quanto appeso in quarant’anni di attività venatoria,
l’incredibile successo ottenuto dai miei primi video sulla pesca all’agguato e lo
stimolo ricevuto in questi ultimi tempi da preziosi contatti intrapresi attraverso
il nuovo mezzo multimediatico di Internet hanno acceso il mio interesse nello
sviluppare un ambizioso progetto divulgativo che abbracci più campi, non
limitandosi al solo campo teorico, ma allargandosi anche nel campo tecnico
pratico.
A tal riguardo informo il lettore che il mio impegno in questo progetto si
sviluppa anche nelle “Settimane blu”: corsi di pesca in barca a vela, lungo le
coste del nord Sardegna ed il sud della Corsica e nella realizzazione di video
sulla pesca subacquea, documentazione visiva delle mie strategie di caccia e
del mio comportamento venatorio.
Fra le tante considerazioni che il lettore troverà nei “Diari di Pesca” emerge
soprattutto la “stagionalità” dell’attività della pesca subacquea, influenzata da
alcuni parametri rilevanti per il comportamento e le abitudini dei pinnuti.
Tra questi il più importante:
Il fattore temperatura del mare
Potrà sembrare una banalità, vista nell’ottica dell’uomo moderno che ormai
domina il pianeta, ma la temperatura esterna dell’ambiente e l’adattamento a
questo fattore è la prima lotta che molti organismi viventi, tra questi i pesci,
devono superare per sopravvivere, alimentarsi e giungere alla riproduzione.
Molti animali, dopo migliaia di generazioni, si sono ormai adattati
perfettamente alla variabile climatica, con particolari accorgimenti che isolano
la superficie esterna del loro organismo.
Per i pesci, animali pecilotermi (assumono la temperatura dell’ambiente
esterno nel quale vivono), la temperatura dell’acqua rappresenta un fattore
vitale determinando spesso il comportamento e le abitudini di ogni singola
specie.
Quando sulla terra ferma, prolungati periodi di siccità e il conseguente
innalzamento della temperatura esterna rendono difficile il controllo dello
scambio di calore corporeo con l’ambiente, molti animali non resistono allo
stress termico e muoiono per disidratazione.
Anche sotto la superficie del mare la variabile climatica può favorire
l’accrescimento e la proliferazione di alcune specie ittiche come la loro rapida
estinzione.
Bastano pochi gradi centigradi di variazione della temperatura media di un
bacino per determinare la moria di innumerevoli forme di vita.
Più in generale e senza arrivare all’evento drammatico dell’estinzione, la
temperatura dell’acqua è spesso il fattore scatenante le grandi migrazioni, sia
stagionali che definitive, di alcune specie di pesci come la piccola donzella
pavonina o il barracuda mediterraneo, i quali, dai bacini meridionali del
Mediterraneo si sono spinti ad occupare aree sempre più estese del bacino
settentrionale.
L’incremento della temperatura esterna dell’ambiente comporta anche per
molte specie terrestri un aumento dell’aggressività e dell’attività della
predazione.
Sotto la superficie del mare Mediterraneo, analogamente, l’aumento della
temperatura dell’acqua degli strati superficiali con la formazione del termoclino,
porta all’incremento generalizzato delle attività alimentari.
Arrivare a capire cosa fanno i dentici quando all’inizio dell’estate si forma il
primo termoclino, perché non si trovino più grandi cernie lungo i nostri litorali,
nonostante il basso fondo di alcune coste brulichi di giovani esemplari, qual è
la funzione dei porti nella strategia riproduttiva di alcune specie ed altre
osservazioni un po’ dentro un po’ fuori ai canoni scientifici ufficiali, sono
domande che in questi diari trovano una risposta tanto personale quanto
inedita.