2 MAGGIO, 2000
Diario di Pesca n°4
I2 MAGGIO, 2000
Ho appuntamento a Santa Teresa con Gaspare Battaglia per una battuta di
pesca di Corsica, ma alle sei della mattina una nebbia impenetrabile avvolge il
porto e le Bocche di Bonifacio.
Non me la sento di viaggiare con la bussola, così andiamo a svegliare il padre
di Umberto per farci prestare il suo GPS.
Iniziamo la traversata con dieci metri di visibilità, come nel centro di Milano,
lasciandoci guidare dallo strumento e poco dopo incontriamo un vecchietto sul
suo gozzo che con l’occhio sbarrato ci chiede da quale direzione veniamo, noi
possiamo sorridere della sua espressione drammatica, ma l’atmosfera è
veramente inquietante.
Questa uscita, come le prossime, serve a creare l’affiatamento tra me e
Gaspare in vista della realizzazione del video sul dentice che ho in programma
tra qualche settimana. Gaspare sarà il mio operatore, anche io riprenderò le
mie catture con una microcamera montata su un casco e nella fase di
montaggio delle immagini alterneremo i due punti di osservazione.
Dopo trenta minuti siamo in Corsica e dirigiamo verso le isole Bruzzi.
Pescheremo a “staffetta”: Gaspare si immerge al limite del parco ed io ancoro
il gommone 500 metri più avanti, verso ovest, per tenere il sole alle mie spalle
(la nebbia sta diradando!).
Prima di lasciarlo gli consiglio la strategia da adottare: pancia sugli scogli,
agguato dalla superficie.
Appena in acqua, mi basta un’occhiata in giro per intuire che sarà una grande
giornata: l’acqua è ancora torbida, ma si sta formando un termoclino a circa un
metro di profondità che rende la fascia vicina alla superficie più calda e molto
gradevole, sia per i pesci che per i subacquei.
I labridi stanno costruendo il nido portando in bocca rametti d’alga, i maschi
variopinti corteggiano le femmine che con strette evoluzioni evitano le
insistenze del maschio prima di accettare l’invito verso il nido.
Osservo la grazia della femmina del tordo pavone e rifletto sulla somiglianza
del corteggiamento di questi pesci colorati con il flirtare delicato di alcune
coppie umane quando danzano: si sfiorano, con il maschio che sollecitamente
stringe la femmina verso il nido, un’ampia virata li allontana uno dall’altro per
farli tornare vicini il giro successivo; la femmina mostra disinteresse, il
maschio la determinazione della sua volontà riproduttiva.
Scorgo saraghi dappertutto, perlopiù fasciati intenti a mangiare le alghe sulle
rocce, la specchiata della loro livrea argentata interrompe la monotonia della
sospensione giallognola nella colonna d’acqua. Tutti i saraghi si concentrano
nella fascia più calda.
E’ la prima volta che affronto in un articolo l’argomento dell’ectotermia dei
pesci, uno stato fisiologico importantissimo che ne condiziona le abitudini e il
comportamento. E’ una conoscenza indispensabile per tutti i pescatori
subacquei che dalle osservazioni termiche sull’ambiente, possono trarre utili
informazioni su dove scovare le prede!
I pesci sono animali che assumono passivamente la temperatura dell’ambiente
esterno.
Mostrano tassi di calore metabolico molto bassi e uno scarso isolamento
termico, per cui, come disperdono nell’ambiente il calore prodotto dalla loro
attività muscolare così assorbono rapidamente il calore dell’acqua quando per
effetto climatico la sua temperatura si innalza.
Molto più semplicemente possiamo dire che sono animali a sangue freddo.
Non voglio tediarvi con delle considerazioni sul metabolismo dei pesci, ma vi
invito a riflettere sul comportamento dei rettili, anch’essi animali a sangue
freddo: le lucertole, ad esempio, passano la stagione fredda in una specie di
torpore simile al letargo dei mammiferi. In primavera escono dai loro ripari per
stendersi al sole e riscaldarsi fino a raggiungere la temperatura ottimale per le
rapide contrazioni muscolari indispensabili alla predazione.
Pesci e rettili, quando possono, scelgono nell’ambiente il microclima che è più
vicino possibile alla temperatura corporea ottimale.
In questa chiave si possono leggere molti spostamenti che i branchi compiono
nella colonna d’acqua ed il comportamento migratorio di molti pesci, come ad
esempio il dentice (specie scientificamente ancora poco conosciuta).
Nei pesci le oscillazioni termiche climatiche inducono modificazioni
compensatorie fisiologiche che li aiutano a superare lo stress termico in un
processo di adattamento stagionale che si chiama “acclimatazione”, ma
nonostante questo molte varietà, nell’acqua fredda, mostrano un
rallentamento della propria attività vitale.
E’ un fenomeno frequente, quando si forma il termoclino, trovare tutti i pesci
nella fascia più calda della colonna d’acqua ed è veramente inutile cercarli in
profondità.
Appena si stabilisce il termoclino si innesca un fenomeno generalizzato :tutti
i pesci si stabiliscono nelle zone poco profonde: la crescita vigorosa di alghe e
invertebrati innesca una catena alimentare nella quale le nostre prede sono
l’anello finale.
Tutti i fenomeni sono interconnessi : la formazione degli alimenti e il
raggiungimento della temperatura esterna ottimale per l’attività degli sparidi e
di altre specie, per una frenesia alimentare di cui sono stato testimone
entusiasta proprio oggi.
Ogni nicchia, ogni ansa della costa raccoglie un gruppetto eterogeneo di
saraghi delle tre varietà: fasciati, maggiori e pizzuti che l’acqua torbida rende
ancora un po’ diffidenti e mette alla prova la mia abilità nell’avvicinarli.
Ma non basta! Assisto ad una scena veramente divertente: una spigola
giallo/verde per il riflesso degli iridociti (le cellule riflettenti sotto le squame)
che striscia sulle rocce e fa l’agguato ad un latterino, il pesciolino riesce a
fuggire, mentre il predatore alla fine incappa nel mio arpione!
Provo a fare l’aggiramento alla base di qualche sasso che dalla superficie si
appoggia su 5/6 metri di fondo, in una manovra ormai classica del mio
agguato, ma i pesci sono proprio in superficie e la strategia si rivela
infruttuosa.
Mi fermo sovente a galla per decine di secondi, sia per scrutare nello scenario
dove mangiano i pesci, sia per scegliere la preda più grossa nella miriade di
saraghi di due/tre etti. In qualche situazione ho il corpo fuori dall’acqua e solo
la maschera immersa quel tanto da poter individuare la preda.
Dopo il primo tratto anche Gaspare si accorge della situazione e si entusiasma
nell’insidiare pesci così numerosi e difficili da catturare, ma mi stupisce con
un’osservazione: per lui, abituato ai fondali della Liguria, l’acqua è troppo
trasparente!
Alla fine della battuta, da buon “profondista” controlla il suo computer da
apnea per scoprire che l’immersione più profonda è avvenuta a 7 metri. Sarà
contento Umberto, suo compagno di squadra nazionale, per il proficuo
allenamento!