n.14 - Diario di pesca

Grandi piogge e mare mosso hanno reso l’acqua del mare lattiginosa e torbida.
Continuo ad insistere nelle battute all’agguato nel sotto costa nella speranza di
incontrare le prime spigole invernali, ma nella Sardegna nord orientale questo
pesce sembra definitivamente scomparso.
Il processo di rarefazione è iniziato qualche anno fa, suppongo come
conseguenza dei troppi prelievi che hanno dissuaso questo predatore dal
frequentare le nostre coste.
E’ più probabile, che non sia stata una scelta cosciente, ma che le spigole
abituali frequentatrici, nel periodo riproduttivo, del nostro basso fondo siano
state tutte catturate e siano sopravvissute solo quelle con abitudini profonde o
le habituée dei parchi.
Non si capisce, comunque, dove siano andate a riprodursi le spigole visto che
la stagione attuale è quella deputata, solitamente, per il loro montone.
Volendo analizzare, con obiettività, il prelievo operato negli scorsi anni nelle
zone limitrofe a quella della battuta di pesca descritta in questo diario, devo
riconoscere che era difficile salvarsi: di notte, nel periodo riproduttivo,
pescatori a fiocina su gozzetti con lampare artigianali, frotte pescatori
subacquei con lampade collegate ad accumulatori da autotreno sul gommone,
pescatori su piccole lance “alla correntina” dentro i porti, pescatori a canna con
il bigattino come esca dai moli, professionisti a chiudere l’imboccatura del porto
di Olbia con il tramaglio monofilo trasparente, tutti hanno setacciato il mare
con una pesca specifica che non ha lasciato scampo.
Senza contare che la nostra isola può annoverare ancora qualche bombarolo
d.o.c. che “tiene famiglia” e agisce impunito.
Come l’anno scorso si vedranno le prime spigole in primavera!
All’amara considerazione sulle spigole si aggiunge l’osservazione sconfortante
della mancanza di cefali e l’abituale migrazione di buona parte dei saraghi
verso zone profonde, che rende ancor più deserto e desolante tutto il sotto
costa. Solo qualche orata accende una speranza, ma si aggira lontano dal
bagnasciuga, quindi, con i presupposti più complicati per la cattura.
Una condizione fra tutte rende difficile l’avvicinamento al pesce: l’acqua
torbida!
Può sembrare un controsenso, ma in Sardegna, a differenza di altre regioni, la
ridotta visibilità complica la pesca subacquea, al punto che in questa stagione
per catturare qualche pesce ho dovuto rinunciare all’agguato per ripiegare su
una tecnica più semplice quale l’aspetto!
Si deve considerare che in questa isola è veramente raro trovare l’acqua
torbida e forse per questa ragione, i pesci non essendo abituati ad una visuale
ridotta, nel torbido, mettono in allerta i sensi con un eccesso di cautela.
Grossi predatori, oltre all’uomo, inoltre, si avvicinano ancora alle secche e alla
costa e la loro precauzione è più che giustificata.
La massiccia presenza di pesce azzurro (di minutaglia), praticamente ovunque,
che schizza via al minimo rumore completa il quadro di un’attività, in queste
condizioni, e in questa stagione, dalle soddisfazioni modeste.
In questo diario di pesca, quindi, devo annotare un carniere composto solo da
quattro pesci : una corvina di quasi due chili, catturata in caduta a poco più di
18 metri di profondità, uno scorfano individuato in uno spacco aperto e due
saraghi catturati uno in caduta, con inseguimento, ed uno all’aspetto.
Come avrete capito non si tratta di una giornata storta, ma di un periodo che
ritengo tra i più poveri dell’anno.
Vale la pena comunque capire cosa sia successo sott’acqua e come reagire
anche di fronte a queste situazioni perché la scelta della zona e della strategia
di pesca, in questi casi, gioca un ruolo fondamentale.
Quando il periodo è povero di pesce bisogna convincersi a fare un lungo
viaggio per riscoprire zone lontane dove, forse, qualche branco di saraghi è
rimasto ancora vicino alla costa, le orate sono più numerose e le spigole si
intrattengono ancora con i cefali nelle anse dei litorali.
In poche parole bisogna abbandonare le zone prevedibili e più battute per
quelle più isolate e difficili da raggiungere.
Da tempo sostengo che la pesca subacquea debba essere considerata
un’attività nomade: quando c’è abbondanza di pesce si può pescare anche
vicino a casa, ma nei periodi di vacche magre bisogna riscoprire lo spirito
d’avventura e partire per lidi lontani.
Un altro errore è vivere di ricordi! Pensare che sia giunto il periodo delle
spigole sotto costa ed ostinarsi in questa pesca può procurare dolorosi
cappotti.
Nell’arco della battuta di pesca, di fronte agli insuccessi, inoltre, è obbligatorio
variare le tecniche impiegate e soprattutto le batimetrie esplorate.
La conclusione della giornata analizzata in questo diario porta alla
considerazione che le rare prede erano tutte in profondità: a parte la corvina
catturata (la più grossa di un gruppetto conosciuto da tempo), i due saraghi e
il cappone, avevo avvistato anche un gruppo di dentici (tre piccoli, 2 chili e tre
più grossi, 4/5 chili) e qualche bel sarago, tutti oltre i venti metri di profondità
(che d’inverno è una quota sempre impegnativa da raggiungere!)
La tecnica da impiegare in questi casi, con queste condizioni, non è l’aspetto
classico piantati di testa sul fondo, ma la variante discesa rapida fino a
raggiungere il punto più basso del terreno poi cinque metri in direzione di uno
sperone di roccia o di un rilievo, dal quale affacciarsi per restare in attesa,
senza più muoversi!
La ragione della variante va ricercata nell’inevitabile fuga della mangianza nella
fascia di colonna d’acqua coinvolta dalla nostra immersione. In questo cilindro
ideale intorno alla verticale della nostra capriola tutti i pesci restano in allerta.
Bisogna abbandonare la zona contaminata dalla nostra immersione per
raggiungere una zona vergine da rumori ed ombre sospette: cinque metri di
cammino orizzontale al riparo di uno sperone potrebbero essere, tanti o pochi,
perché un lungo tragitto a volte provoca ancora più danno ( il pesce già in
avvicinamento vi scoprirebbe in movimento!).
In questi casi, dopo qualche discesa, si va a scoprire, empiricamente, quale
distanza sia più opportuno percorrere, senza regole fisse, però, se si trova uno
spacco verticale o un lastrone ci si ficca dentro perché offre il massimo della
copertura!
Dopo aver battuto gli scogli di fronte a casa mia, chiamati non a caso: “i
Poveri”, al rientro manca poco che affetti, con l’elica del mio motore, il “rosso”
(Antonini).
Era proprio di fronte all’ingresso di Cala di Volpe, in una zona conosciuta per
avervi preparato il campionato italiano di Portisco che poi vinse , non mi
ricordo in quale anno.
In compagnia di altri quattro subacquei: uno sul gommone e tre in acqua, in
una zona con poche pietre su molta posidonia, immagino con quanto sforzo
stesse cercando di portare a casa un po’ di pesce (per trovare isole di roccia
con l’acqua torbida, o si hanno mire molto precise, o ci si spolmona)
Dopo i soliti convenevoli: “è meglio che togli dai c…”, mi chiede com’è andata
ed io gli mostro il magro carniere e gli dico dov’è stato realizzato
(naturalmente da tutt’altra parte). Con aria sconsolata mi conferma anche lui
la situazione che avevo già riscontrato e mi racconta del loro magro bottino.
Giunto a casa ricevo la telefonata di un amico di Milano (con la casa a Porto
Cervo), anche lui per combinazione a pesca nella stessa zona dove mi trovavo
al mattino, che mi racconta la cattura di uno degli ultimi dentici della varietà
“suicida”, del tipo: lo vedo di fianco, si allontana, giro il fucile, si riavvicina, lo
pungo appena nella spina dorsale col fucile caricato alla prima tacca, si rifugia
in tana e mi aspetta il tuffo successivo, col testone sull’imboccatura <sei chili>!
(il racconto riassume fedelmente le sue parole)
Naturalmente ho goduto per lui…
Dentice a parte, anche per il mio amico, solo un sarago e la stessa impressione
sia sulla dislocazione del pesce che sul suo comportamento.
A incorniciare questo diario, un’ultima notizia: la notte precedente i Carabinieri
di Porto Cervo hanno sorpreso due pescatori subacquei che stavano pescando
di notte dentro il porto (mancava che avessero anche le bombole poi avrebbero
ricevuto l’oscar del bracconiere!)