n.35 - Diario di pesca

Diario di Pesca n°35
SORRENTO GIUGNO 2003
A pesca con Giorgio - diario di un allievo
E’ sera tardi e sono in casa a sistemare la valigia per poter partire l’indomani
alla volta della Sardegna, dove mi aspetta una settimana di pesca con il
“Maestro” Giorgio Dapiran. Sicuramente farò una strana impressione, in quanto
ho appena finito di smontare la mia attrezzatura subacquea, pinne comprese,
ed ho infilato tutto in una valigia di colore giallo. Sono praticamente l’antitesi di
tutti coloro che praticano il mio stesso hobby (si fa per dire la mia è una vera e
propria passione, che nei momenti migliori ha lasciato ben poco spazio a
qualunque altro interesse). Però facendo i miei calcoli ho pensato che era
meglio perdere un po’ di tempo a rimontare l’attrezzatura che rischiare di
vederla comparire sul tapis roulant dell’aeroporto in mille pezzi.
E’ mattina, sono le 5:00 e dopo aver salutato mia moglie Cinzia, alla quale
devo un ringraziamento particolare visto che è stata proprio lei a regalarmi
questa settimana di pesca, esco di casa con valigia al seguito: mi aspettano 3
ore di viaggio in pullman verso Roma, la navetta delle Ferrovie dello Stato per
Fiumicino e poi 1 ora di aereo sino ad Olbia. Il trasferimento scorre liscio senza
grosse complicazioni a parte una noia mortale. All’arrivo all’aeroporto di Olbia il
bagaglio è in ritardo (meno male che ho messo tutto in una sola valigia e per
di più rigida eh eh eh!). Recuperato tutto vado verso l’uscita e subito incontro
Giovanna, la sorella del Maestro che non mi prende nemmeno in
considerazione (per forza cerca un tipo con borsone da sub al seguito…), mi
faccio riconoscere e in pochi minuti sono fuori in auto diretto vero casa del
Maestro (non è venuto a prendermi perché è andato a pesca…. Che lo possano
cecà…). In pochi minuti arriviamo alla fortezza, Giorgio (che nel frattempo è
rientrato) ci viene incontro e dopo i saluti di rito entriamo in casa, o almeno lo
facciamo io e sua sorella, lui è ancora vicino all’auto alla ricerca del borsone……
Dopo aver fatto quattro chiacchiere e essere andati a fare la spesa presso il
supermercato più vicino, è ora di andare di nuovo all’aeroporto per prendere il
secondo ospite: Luciano. Molto più semplice da individuare tra gli altri
passeggeri visto il borsone in una mano ed il fucile nell’altra: scambio di
convenevoli e rientro a casa per la cena.
CUGNANA giugno 2003
Ore 4:30 una voce sconosciuta nel buio mi dice di alzarmi: ma chi ca..o è? Ah
già sono in vacanza….
Partiamo per la prima pescata la meta è Capo Ceraso, è proprio lì che Giorgio
ha intenzione di insegnarmi la tecnica dell’agguato in superficie, visto che
l’altro componente della spedizione è già suo allievo e quindi può
tranquillamente lasciarlo pescare da solo nel sottocosta. In breve siamo in
acqua, e per la prima volta mi ritrovo a seguire un altro sub impegnato a
scovare delle prede mi sembra, però, di essere a casa a guardare una video
cassetta. I risultati non tardano ad arrivare ed un primo sarago viene sorpreso
direttamente dalla superficie mentre è intento a spiluccare nei pressi di uno
scoglio: non ci ha nemmeno sentiti!
Ora tocca a me, siamo in un ansa della costa e per quanto provi a diventare
simile ad un camaleonte di pesci neanche l’ombra, ma non appena stiamo per
scapolare una punta noto un piccolo assembramento di saraghi sul fondo:
affondamento a “delfinetto” planata orizzontale, sparo e.. preso basso si libera
in pochi secondi… in superficie, però, ho gli elogi del Maestro che mi dice di
aver messo in pratica i suoi insegnamenti, meno male…
Riparto verso la punta e non appena mi affaccio noto un bel sarago che mangia
su di una cresta di roccia, affondo in verticale tirandomi con la mano libera e
parto dal fondo per affacciarmi su questa cresta di roccia, tutto perfetto…
tranne lo sparo che mi vede protagonista di una clamorosa padella. Risalito
stavolta di elogi non ne trovo in quanto il tiro sbagliato ha assorbito tutto il
buono che avevo mostrato, mi tocca cedere l’arma.
Cominciamo a fare il tragitto di ritorno, ed è proprio in una di quelle anse che
in precedenza avevamo visitato senza incontrare nessuna preda degna di nota
che Giorgio si immobilizza dietro una sporgenza, mi avvicino e noto che sta
guardando con i busto appoggiato ad una sorta di terrazzino un sarago
corpulento che grufola tra roccia e sabbia: non appena il pesce passa dietro un
piccolo masso parte l’azione di avvicinamento, con una capovolta rapidissima si
immerge e non appena il sarago esce allo scoperto fa partire il colpo. La preda
viene trafitta ad una distanza di quasi 4 metri e si tratta di un sarago che sfiora
il chilo di peso. Quando risale gli faccio i miei complimenti, veramente
un’azione da manuale senza un sbavatura o indecisione praticamente perfetto!
E’ ora di recuperare Luciano, che nel frattempo è riuscito a mettere a paiolo un
paio di saraghi da porzione, e mentre siamo in gommone lungo la rotta di
ritorno i commenti vanno alla tecnica messa in pratica e alle correzioni da
realizzare. Una volta rientrati a casa il lavoro non è finito bisogna sciacquare
l’attrezzatura in modo che sia pronta per l’indomani e pulire il pescato (sarà la
nostra cena accompagnata da un buon pecorino sardo!). Sicuramente la
giornata, per chi non è abituato, appare abbastanza pesante, in effetti si tratta
di un’attività continua per ben dieci ore, comunque sempre meglio che farne
otto dietro una scrivania!
Prima di cena Giorgio mi mostra quali sono le fasi di realizzazione dei sui fucili
Jedi, è ammirevole la passione con la quale lavora ogni singolo pezzo, che
successivamente porterà in acqua per il battesimo e l’equilibratura.
Dopo cena davanti al liquore tipico sardo il Filu ferru (avevo portato il
Limoncello, ma Giorgio dice che è da femminucce…) si progetta l’uscita di
domani e poi tutti a nanna, è incredibile non ho nemmeno la tentazione di
accendere il televisore il “mutante” che è in me sta già morendo….
E’ un nuovo giorno e per chi va a pesca soltanto la domenica è un’emozione
nuova alzarsi ogni mattina con l’obiettivo mare. L’auto con l’attrezzatura è già
pronta da ieri sera non ci resta che partire, stavolta l’obiettivo è la parete di
Capo Figari a nord di Olbia. Il trasferimento è abbastanza breve e una volta
superata l’ansa del Golfo di Olbia viriamo verso nord in direzione dell’alto capo
granitico. Oltrepassata una piccola isoletta (dove ci soffermeremo al ritorno) il
primo ad immergersi sono proprio io lungo la parte iniziale della parete,
mentre Giorgio e Luciano si dirigono verso l’estremità del capo alla ricerca di
una grossa cernia.
La parete è soltanto in alcuni punti molto suggestiva, si tratta di roccia
granitica molto chiara che sprofonda a quote impegnative, ma purtroppo già
alla prima immersione devo constatare che il termoclino alto, intorno ai –12
metri, non mi permetterà grosse catture. Comunque continuo, anche perché
fino a quando non tornano a prendermi…, fortunatamente alla seconda
immersione riesco a colpire un barracuda stimato poco oltre il chilo, un ottimo
bersaglio per migliorare il feeling con il Jedi 96 che sto impugnando. Continuo
lungo la parete, ma il pesce scarseggia sino a quando trovo una piccola franata
dove poter portare qualche aspetto, purtroppo l’acqua fredda mi fa notare
qualche dentice ma non c’è verso di farli avvicinare. All’ennesima immersione
decido che non è più il caso di continuare, tanto più che i dentici di taglia
importante si sono allontanati, allora decido di sparare ad una mostella che
avevo notato in una fessura al di sotto del mio appostamento, è un
bell’esemplare sfiora il chilo ed è un pesce che dalle mie parti non si vede più
perché decimato dalla pesca notturna o con gli autorespiratori. Nel frattempo
sono poco distante dal gommone ancorato lungo il promontorio e posso notare
che stanno risalendo e vengono a prendermi. Anche Giorgio e l’altro allievo non
hanno potuto riempire il carniere, a parte i “soliti” (si fa per dire) saraghi
catturati dal Maestro (altrimenti perché lo chiamano così?), della grossa cernia
nessuna notizia.
Mettiamo la prua del gommone verso Olbia ma non appena arriviamo nei
pressi dell’isoletta ci fermiamo: l’acqua davanti una piccola punta ribolle è un
buon segno. Cerchiamo di ancorare in una piccola ansa ed una volta in acqua ci
dividiamo: io vado con Giorgio verso il punto individuato prima mentre Luciano
si dirige nella parte che guarda terra alla ricerca di pesce bianco. Purtroppo
giunti sul posto migliore una triste notizia ci aspetta: una rete chiude tutta la
lingua di roccia sin sulle posidonia, conseguentemente non riusciamo,
nonostante parecchi aspetti portati sia nel punto più alto che sulla distesa di
posidonia, ad individuare alcuna preda interessante. Anche oggi la giornata di
pesca sta per concludersi, non ci resta che rientrare al porto dopo aver
recuperato Luciano che nel frattempo ha avuto miglior sorte di noi catturando
una spigoletta. Una volta a casa, dopo aver svolto tutte le attività di routine,
programmiamo l’uscita del giorno successivo, stavolta la strategia cambia:
gommone gonfiabile in auto con destinazione Costa Paradiso!
In viaggio verso Costa Paradiso
L’indomani durante il tragitto che ci separa dal punto di partenza discutiamo
delle nostre esperienze personali e purtroppo vengo preso di mira da Giorgio, il
quale mi accusa di essere capace di catturare dei dentici soltanto in Corsica,
mentre qui in Sardegna è diverso, quindi potrò parlare soltanto dopo aver
dimostrato cosa so fare nel mare nostrum, incasso il colpo e continuiamo verso
lo scivolo di partenza. Giunti in prossimità di un villaggio turistico incominciamo
la discese verso il mare circondati da falesie di granito rosso che precipita in
mare allo stesso modo della costa di Capo Rosso a nord della Corsica: mi sento
a casa mia! Arrivati allo scivolo agiamo da incursori, scaricato il gommone e
l’attrezzatura cominciamo a montare il battello e mentre una pompa elettrica
provvede al gonfiaggio noi ci vestiamo di tutto punto.
Varato il gommoncino lasciamo per primo Luciano a caccia di orate nel
sottocosta, mentre con Giorgio mi reco al largo dove ancoriamo. Una volta
entrati in acqua lo scenario è mozzafiato, parallela alla costa ad una distanza di
poco meno di cento metri incontriamo una risalita di granito piena di
spaccature e canaloni è veramente bella, ma purtroppo a parte alcuni saraghi
ed una corvina arpionati dal Maestro non incontriamo prede degne di nota,
eppure il posto lascia immaginare ben altro. Ripartiamo e una volta recuperato
Luciano, che nel frattempo vanta un’oratella in carniere e parecchi
avvistamenti, ci dirigiamo verso un piccolo promontorio: sento puzza di dentici
e… i gabbiani non c’entrano nulla! Siamo in acqua Giorgio sceglie il lato destro
io il sinistro ed il sottocosta viene esplorato da Luciano. Alla prima immersione
mi accorgo che il termoclino si trova proprio all’altezza ideale per portare gli
aspetti, così non mi resta da fare altro che ammirare dei bei barracuda che
stazionano al limite dell’acqua calda e risalire in superficie a mani vuote. Però
dal nervosismo della mangianza penso che nell’acqua calda girino parecchi
predoni, per cui incomincio ad esplorare il fondo alla ricerca di qualche punto in
cui appostarmi, ne provo più d’uno ma non c’è niente da fare non vanno bene.
Mi sposto ancora, stavolta verso terra e per caso incontro una piccola guglia di
granito chiaro con uno scalino alla sua destra: forse fa al caso mio! Mi preparo
per bene, capovolta lenta e silenziosa fucile nascosto lungo il corpo pinneggiata
fluida e breve, arrivo all’altezza dello scalino di fianco alla guglia mi inginocchio
e mi affaccio: sono nell’acqua calda ma davanti non si vede nulla, bene è il
momento di tramutare l’aspetto classico in dinamico, scivolo verso il basso e
contemporaneamente mi giro verso destra ovvero verso la parte alla quale
sono stato completamente nascosto alla vista dei pesci e…tombola! Il dentice è
fermo a mezz’acqua, probabilmente non mi ha visto sino a questo momento
ma sentiva le mie vibrazioni, per cui adesso mi basta fare un po’ il polpo ed
eccolo che arriva come un fulmine (manca poco che mi debba scansare!) il tiro
è leggermente basso ma mentre risalgo controllo la reazione violenta del pesce
e in pochi secondi è con me in superficie. VENDETTA E’ FATTA! Non mi resta
che pensare come prendere in giro i miei compagni d’avventura. Mi dirigo al
gommone per posare il dentice, una volta a bordo decido di chiuderlo nella
ghiacciaia ed attendere con aria annoiata il rientro del Maestro, detto fatto si
presenta con i “soliti” saraghi e qualche cefalo, è il momento di sistemare le
prede nella ghiacciaia… Giorgio:”ma che c…o l’unico dentice suicida della zona
proprio a te doveva capitare?”
Ancora non ho soddisfatto il Maestro, vabbè vedremo di fare meglio. La
giornata volge al termine ed a parte qualche sparuto avvistamento di
denticiotti lungo la costa che va verso l’Isola Rossa non c’è niente da segnalare
per cui decidiamo di rientrare, anche perché ci aspetta almeno un’ora di lavoro
per sistemare il gommone e l’attrezzatura in auto e un paio per arrivare a casa.
L’esperienza della formula “mordi e fuggi” con gommoncino in auto è andata
bene, così la sera si decide di ripeterla, ma questa volta in acque Corse. Di
comune accordo, visto che andremo in Corsica per due giorni di full immersion,
la giornata di domani verrà consacrata al riposo.
VIVA LA CORSICA!
Al mattino la sveglia è leggermente posticipata, in quanto il primo traghetto
per Bonifacio non è certamente all’alba, ci dirigiamo quasi in religioso silenzio
verso S. Teresa di Gallura, ma una volta arrivati al porto mentre facciamo
colazione Giorgio decide di delucidarci su come si svolgeranno le cose in
territorio Corso. Allo sbarco ci dirigiamo subito verso Porto Pollo dove
prenderemo alloggio presso un albergo di alcuni amici; una volta sistemati
(non avevamo nulla se non i borsoni per cui non entriamo nemmeno in
stanza!) andiamo immediatamente al porticciolo locale per la prima battuta di
pesca. Fare le stesse operazioni compiute in terra Sarda per sistemare il
gommone ci fa rendere conto che una cosa è svolgerle alle prime luci dell’alba
e un’altra sotto il sole cocente di mezzodì, comunque la passione è passione.
Saliti a bordo sudati come dei maiali andiamo verso nord alla ricerca di un
posto tranquillo dove immergerci, lontano dalle imbarcazioni che, anche se
rare, sfrecciano a tutta velocità al di fuori delle secchette sparse un po’
ovunque. La scelta ricade su di una piccola punta che chiude una baia
abbastanza profonda e che al centro presenta una piccola risalita con delle
guglie che escono fuori dall’acqua; ed è proprio qui che Giorgio mi lascia a
pescare, mentre Luciano si tuffa nel sottocosta e lui si dirige presso un’ansa
che a suo dire conosce molto bene. Nascosto all’ombra della roccia che emerge
per circa un metro o due osservo il fondo: dinanzi mi si parano delle belle
risalite e a mezz’acqua noto già qualche dentice! Purtroppo un simile
spettacolo è portatore di una spiacevole notizia: se i dentici sono così alti il
termoclino la fa da padrone. Alla prima immersione mi rendo conto subito che
l’unica possibilità di appostarmi ad una altezza che possa concedermi qualche
chance di cattura è data dalla parte più scoperta della rimonta di roccia e, ciò
significa che sarò molto visibile. Comunque non mi resta altro da fare che
provarci, per cui mi apposto dietro una piccola cresta di roccia e di lì osservo i
dentici, si tratta di una decina di esemplari, di cui tre superano i quattro chili.
Purtroppo per il desiderio di catturarli non sparo ad un esemplare di circa un
chilo e mezzo che passa il suo tempo ad osservare come è fatta l’aletta della
mia asta e, successivamente non avrò più l’opportunità di catturarlo. Le
immersioni si susseguono, ma anche quelle portate ancora più in basso
sortiscono solo l’effetto di far allontanare definitivamente i pesci. A questo
punto non mi resta che allontanarmi in direzione del gommone ancorato da
Giorgio, così comincio ad esplorare un vasto bassofondo sui 15 metri di
profondità caratterizzato da massi lisci e piccolo sprazzi di posidonia, per
meglio identificare le opportunità che dà il posto ogni tanto mi immergo per
effettuare dei brevi aspetti al di sopra del termoclino con il risultato di riuscire
a sparare un barracuda stimato intorno ai due chili che puntualmente perdo
perché sparato in pancia. Poco male non è per quello che mi sto spolmonando,
così continuando arrivo in un punto in cui la posidonia è più estesa e non mi
lascio sfuggire l’occasione di tentare un ennesimo aspetto. Mi ventilo e mi
dirigo, dopo le prime pinneggiate, a foglia morta nella parte più folta della
prateria, purtroppo quando mi apposto mi accorgo, dal tremolio dell’acqua e
dalla precaria visibilità, che mi trovo proprio nel punto in cui l’acqua cambia la
sua temperatura e, ironia della sorte, giusto al di sopra pascola un piccolo
branco di dentici che non appena mi sente si dirige verso di me. Causa la
scarsa visibilità il tiro non è preciso, e così vedo il pesce superarmi colpito in
basso e l’asta rimanere incastrata tra le pietre che si trovano nella posidonia,
morale della favola un altro pesce perso. Però un dentice merita almeno
qualche immersione per vedere se si è nascosto tra le posidonie; le prime due
immersioni fatte su batimetriche più profonde non portano alcun risultato, così
decido di farne una un po’ più fonda su un fondale di circa 25 metri. Arrivato
sul fondo mi accorgo che pochi metri più avanti c’è un ciglio di un paio di metri,
decido di guardare anche lì, mi affaccio e del dentice ferito nessuna traccia,
però a distanza ne scorgo uno enorme. Non so cosa fare ma mentre decido il
dentice, che evidentemente mi ha sentito ma non visto, si dirige verso il ciglio
senza titubanze con andatura decisa, è troppo facile miro e sparo colpendolo
sulla schiena, l’asta esce all’altezza delle pettorali: è il finimondo si dirige prima
verso l’alto e poi di nuovo verso il ciglio dove trova un arco e si immobilizza
mentre io risalgo verso la superficie. Cerco di recuperare il più presto possibile
e scendo lungo la sagola, ci sono circa 25 metri di fondo, ho già il coltello
pronto per finire la preda, trovo il dentice immobile, sembra quasi morto, ma
per essere sicuro piazzo il colpo risolutore e lo sfilo dall’arco sotto il quale si era
nascosto. Risalgo stringendolo è enorme non ho mai catturato un dentice di
queste dimensioni! Arrivato in superficie mi rendo conto che posso anche
chiudere la battuta e mi dirigo verso il gommoncino ancorato poco distante per
riporvi la preda e raggiungere Giorgio. Invece mentre sto per togliere l’ancora
mi sento chiamare, anche lui sta rientrando, gli chiedo come è andata e mi fa
vedere un bel carniere nel quale spiccano due dentici e qualche sarago, alla
fatidica domanda gli mostro cosa c’è steso sul paiolo: un dentice di circa 8 kg.
Partiamo soddisfatti anche se Giorgio mi dice di non essere riuscito a portare a
tiro un’orata di circa 3 kg e recuperiamo Luciano che nel frattempo è riuscito a
catturare alcuni saraghi agguantando dalla superficie. Durante il rientro
notiamo qualcosa che galleggia sull’acqua al largo ci avviciniamo e con
sorpresa notiamo che è un dentice grosso quanto quello catturato in
precedenza, evidentemente è riuscito a liberarsi dall’asta per poi morire chissà
dove. Rientrati in porto stavolta non dobbiamo sistemare il gommone in auto in
quanto lo lasciamo ancorato per una battuta da realizzare l’indomani. La serata
ci vede protagonisti di una cena presso il ristorante che da sul porto a gustare
la cucina Corsa e a progettare l’uscita: si va verso Campomoro.
La partenza è meno impegnativa, in quanto il gommone è ancorato, ma la
notizia impressionante di questa mattina è che, udite, udite: Giorgio non
pescherà! La motivazione ufficiale è che ha un leggero mal di gola e non vuole
compromettere il prosieguo della stagione estiva, ma non è che il denticione gli
ha provocato un’infiammazione da…… sconfitta? Partiamo dirigendo la prua di
fronte il piccolo porto di Porto Pollo, siamo alla ricerca di una piccola secca, che
raggiungiamo in breve tempo grazie alle qualità del provetto barcaiolo Giorgio
(sto rigirando il coltello nella piaga, forse non è sportivo…). Arrivati alla meta
entro in acqua con Luciano, che si dirige subito verso la costa per effettuare
qualche discesa meno impegnativa, mentre io mi dirigo verso il largo tenendo
d’occhio il fondale che è veramente interessante. Si tratta di roccia scura che
forma parecchi canaloni, c’è solo l’imbarazzo della scelta, ogni posto sembra
buono per appostarsi. Ne scelgo uno abbastanza in alto, vista la costante
presenza del termoclino, e non appena giungo sul fondo è sufficiente
immobilizzarmi perché un dentice venga a curiosare. Il colpo parte preciso
nella penombra e fulmino il pesce sulla spina dorsale, ormai ho fatto la mano al
Jedi 96 che il Maestro mi ha prestato. Recupero subito la preda e risalgo, in
superficie ho l’onore di chiamare il “mio” barcaiolo che salpa me ed il dentice
per andare verso la parte più estrema del promontorio. Giunti sulla punta
Giorgio incomincia ad allargare alla ricerca di alcuni “candelieri” che gli hanno
dato delle grosse soddisfazioni in passato, la ricerca culmina con
l’individuazione di una macchia chiara che si staglia nel blu: ci siamo! Entro in
acqua emozionato, è una sensazione che provo sempre quando vedo queste
rimonte chiare tipiche della Corsica e della Sardegna che si stagliano nel blu
del mare circostante. Purtroppo però noto con un misto di gioia e disperazione
che dei dentici intorno ai 5-6 chili girano in tondo attorno al cappello della
secca: l’acqua è fredda già ai 10 metri di profondità! Comunque bisogna
tentare lo stesso, le provo tutte: aspetti sul sommo, a mezz’acqua, planate,
cadute (durante le quali snobbo saraghi e corvi), ma la situazione è sempre la
stessa, cioè mentre mi ventilo in superficie lo spettacolo è incredibile, non
appena mi immergo scompaiono tutti.
Durante tutti questi tentativi noto però due cose particolari, la prima è un
torrente di acqua calda sulla rimonta nel quale basta guardare per veder
passare tutti i dentici del circondario e la seconda è la rapidità di attacco di un
dentice ad una acciuga che si trova a pochi metri da me, l’azione è talmente
veloce che non riesco nemmeno a spostare il fucile e l’unico ricordo che ho
sono un paio di “fotogrammi” in cui individuo il pesce che parte dal basso la
sua bocca spalancata e la preda che scompare, davvero spettacolare. E’
proprio Giorgio a convincermi che devo risalire, in quanto mi stavo
spolmonando per nulla, mi sa che mi ci ha portato apposta…. La giornata si
conclude con un magro bottino, ma il tempo a disposizione non è tantissimo in
quanto bisogna ripartire alla volta della Sardegna anche perché il tempo
occorrente per le operazioni di sistemazione dell’attrezzatura e quello
necessario per il trasferimento non è poco, per cui il pescato (anche se
abbondantemente ricoperto di ghiaccio) potrebbe soffrirne.
CONSIDERAZIONI FINALI
Alla luce di quanto accaduto in questi giorni trascorsi presso il “Maestro”
Giorgio Dapiran ho capito che il mondo della pesca subacquea non è
certamente quello che vivo io quando sono a casa, voglio dire che le sensazioni
che si provano andando quotidianamente a pesca, la stanchezza che si
assapora dovendo sostenere trasferimenti lunghi misti alla soddisfazione di
avere la ghiacciaia piena di pesce, nonché l’arricchimento continuo frutto delle
esperienze sempre nuove o quantomeno diverse fanno sì che l’individuo cambi
totalmente; i sensi si acuiscono, l’osservazione non è contaminata da pensieri
come il lavoro, la casa gli amici, nulla di tutto questo distoglie il sub dalla sua
concentrazione. Il mutante individuato da Giorgio muore rapidamente, la dea
TV non ammalia più come prima e sembrano lontanissimi se non frutto di un
sogno quei momenti passati distesi sul divano come una medusa al sole del
bagnasciuga completamenti assuefatti dai burattini che si muovono nel grande
schermo. E’ con rammarico che abbandono la terra Sarda consapevole che per
lungo tempo non potrò ripetere questa esperienza, ma contento di essere stato
anche se soltanto per una settimana un “predatore” con un unico obiettivo
quello di far sue delle prede da poter usare per il pranzo o la cena e perché no
anche per il proprio sostentamento economico, lontano dalla tecnologia, dallo
stress dalla “società”, chissà poi perché corriamo così, dove arriveremo? E
prima di chi?
Antonio Mario