Diario di Pesca n°37
CONTRO OGNI TEORIA, CONTRO OGNI PREVISIONE
Sdraiato nella vasca da bagno colma d’acqua bollente, degna chiusura di una
battuta di pesca invernale, invece di rilassarmi (a volte mi sono anche
addormentato) continuo a rigirarmi nell’acqua ragionando su ciò che è
accaduto oggi.
Dovrei essere contento, prima di entrare nella vasca ho sfilettato un dentice di
8.2 kg.
Venti anni fa, la stessa cattura avrebbe pervaso il mio stato d’animo di
soddisfazione, quello stato di euforia venatoria generata da una droga
endogena che tutti i cacciatori conoscono e che dura parecchie ore dopo la
cattura.
Oggi, al contrario, ha provocato una strana inquietudine.
Ho insegnato ai miei seguaci, i cavalieri Jedi, che la vera abilità nell’arte della
pesca, sta nel denunciare, prima della battuta, la specie che si intende cacciare
e nel raggiungere l’obiettivo dichiarato.
Un’occhiata alle condizioni meteorologiche, scelta la giusta arma, scelto il
posto, il “Cacciatore” prevede cosa incontrerà sott’acqua e, prima ancora, sa
quale strategia adotterà per la cattura.
L’apice della coscienza, della consapevolezza, di chi pratica la
disciplina (non sport) della pesca subacquea è di cacciare solo la
specie che si intende catturare.
Ecco la ragione della mia insoddisfazione!
Alla partenza, le mie previsioni venatorie avevano pronosticato una Ricciola o
una grossa Orata. In verità, era venuto a tiro un drappello di ricciole, ma di
piccola taglia, mentre un’orata insieme ad un grosso sarago maggiore era
schizzata via come una saetta prima di giungere a tiro. Colpa dell’acqua
torbida: anche le castagnole ad ogni piccolo movimento della mia testa
scartavano bruscamente portandosi rapidamente da una posizione alta nella
colonna d’acqua verso il fondo.
Avevo portato con me la videocamera, ma le occasioni che avevo incontrato
non erano state degne di alcuna ripresa filmata.
Alla fine avevo lasciato la videocamera sul gommone ed ero tornato sul posto
di avvistamento delle ricciole per accontentarmi di un pesce di due o tre chili,
giusto per la cena…
Tornato sul cappello di roccia dove dieci minuti prima stazionava il branco di
ricciole, appena appostato sul fondo, dal mare aperto e nel torbido della
sospensione di sedimenti, si è materializzato un branco di grossi dentici che mi
ha puntato senza esitazioni avanzando ad una velocità incredibile.
Qualche pesce del branco si è allargato rispetto alla mia posizione sul fondo,
solo con la visione periferica ho potuto valutare la presenza approssimativa di
una ventina di esemplari, non ho fatto l’errore, commesso altre volte, di
seguirne le mosse muovendo il capo perdendo la concentrazione sul primo
dentice del gruppo.
L’effetto confusione che provoca il seguire con lo sguardo i movimenti dei
diversi pesci di un unico branco per scegliere il più grosso, spesso, mi ha fatto
perdere l’attimo giusto per il tiro.
D’altra parte, le condizioni dell’acqua non consentono errori: nel torbido ogni
pesce è più diffidente, immaginiamo come può esserlo un dentice…
Tiro il pesce di muso in mezzo agli occhi, l’asta del Superjedi (da 7 mm) entra
fino ai pernetti di aggancio dell’ogiva, il dentice resta letteralmente impalato e
senza reazioni motorie, salvo un tremito nelle pinne pettorali e un movimento
spasmodico degli occhi (mi scuso con i lettori più sensibili per il racconto di
questi particolari crudi che io osservo sempre con interesse perché danno
informazioni sugli organi vitali centrati).
Non riuscirò a sfilare l’asta dal foro di ingresso e, per toglierla dovrò batterla
longitudinalmente sulla coda con un piombo.
Non è uscita una goccia di sangue e potrebbe sembrare un pesce catturato alla
traina o con i palamiti.
UNA PRIMA CONSIDERAZION IMPORTANTE:
La presenza invernale di un Dentice in fondali poco profondi non è rara, di
solito, però, è limitata a uno o due individui di grossa taglia.
In questa eventualità, il comportamento del pesce risulta essere molto
diffidente e l’eventuale cattura non si conclude quasi mai con la tecnica
dell’aspetto.
Questo tipo di incontri è decisamente fortuito e le possibilità di cattura si
riducono a sofisticate, o fortunate, strategie d’agguato.
Nella situazione che ho descritto, invece, Il comportamento del branco era
fortemente territoriale, tipico dei mesi estivi.
LA SECONDA CONSIDERAZIONE RILEVANTE
Il Dentice catturato era una femmina con due grosse sacche ovifere, come si
può vede nella foto, non in completo stato di maturazione.
Il comportamento anomalo del branco, perciò, si può ricondurre alla condizione
riproduttiva del grosso pesce.
Quando una femmina entra nello stato riproduttivo, rilascia nell’acqua una scia
di sostanze che inducono la maturazione delle gonadi nei maschi, insomma,
attiva il ciclo riproduttivo del branco, determinandone conseguentemente
anche uno specifico comportamento.
UNA TERZA CONSIDERAZIONE
Il periodo riproduttivo dei Dentici nella zona dove si è svolta la cattura,
solitamente, è intorno ai mesi di giugno/luglio. Gli eventi scatenanti, secondo
le conoscenze della Biologia marina, sono la temperatura dell’acqua e il
fotoperiodo.
Ho discusso dell’evento con alcuni biologi che sono rimasti molto perplessi,
nessuno ha saputo darne una spiegazione plausibile.
Consultando il testo “Sintesi delle conoscenze sulle risorse da pesca dei fondi
del Mediterraneo centrale (Italia e Corsica)” pubblicata da SIBM (Società
italiana di Biologia Marina) redatta fra gli altri dal Prof Giulio Relini (Istituto di
Zoologia, Laboratori di Biologia Marina ed Ecologia Animale dell’Un. di Genova)
si legge “…Il ciclo biologico del dentice è praticamente sconosciuto… La
riproduzione avviene in primavera…”
CONCLUSIONI
A conclusione, intendo sviluppare una serie di considerazioni, su questo evento
e su altre situazioni vissute personalmente, già affrontate in altri articoli
pubblicati su questo sito.
L’ecologia è una scienza che studia i rapporti degli organismi viventi tra loro e
con l’ambiente nel quale vivono, è l’insieme delle conoscenze sulla vita degli
animali ed il rapporto con il loro habitat naturale.
L’ecologia dei pesci, purtroppo, soffre di una carenza cronica d’osservazioni
dirette perché l’uomo non vive in mare e la coltre d’acqua copre, nasconde, ciò
che accade sotto la superficie e i rilievi dei biologi marini sono scarsi e
occasionali.
Le conoscenze, perciò sono molto superficiali, a volte inesatte.
Ho già espresso i miei dubbi, ad esempio, sullo sviluppo ermafrodita
proteroginico della Cernia bruna, ai quali aggiungo quelli sull’ermafroditismo
proterandrico dell’orata (alcune catture di grossi esemplari con le gonadi
mature), non escludo che questo sviluppo sessuale si verifichi effettivamente in
molte popolazioni di queste specie, ma non è uno sviluppo che si riscontra in
tutti gli individui della specie e, per la personale cultura scientifica, anche una
sola osservazione che contraddica la “regola” deve rimettere in discussione la
teoria.
La scienza ufficiale pur riconoscendo che la biologia del dentice è sconosciuta,
assegna a questo sparide un periodo riproduttivo primaverile, che la cattura
descritta in questo articolo avvenuta all’inizio di febbraio sembra contraddire.
A mio parere il modo corretto di affrontare questi argomenti dubbi è di parlare
di “alta probabilità statistica” che si verifichi un evento.
La variabilità gioca un ruolo importante nella evoluzione delle specie: le
mutazioni consentono l’adattamento ad un ambiente che è in continuo
cambiamento. Di fronte ad una biologia conclamata di una specie, può
presentarsi un esemplare, un gruppo, con caratteristiche biologiche differenti,
sarà questo che stabilirà la norma delle popolazioni future?
Questa spiegazione potrebbe chiarire le osservazioni anomale che in generale i
subacquei riscontrano durante la loro attività venatoria, rispetto alle
conoscenze della Biologia ufficiale.
Attraverso i sensi, il nostro cervello, interpreta la realtà del mondo esterno, ma
i nostri schemi d’interpretazione sono poi la realtà oggettiva? ad esempio, la
consequenzialità causa -effetto è una regola in natura o solo una nostra
esigenza nella interpretazione del mondo circostante?
Una seconda spiegazione, invece, potrebbe essere quella che gli schemi
d’interpretazione adottati dalla Biologia marina, così deterministici e
assolutistici, non corrispondono alla realtà della vita marina, più casuale e
imprevedibile di quanto non si preveda attualmente.
Una ultima considerazione: siamo profondamente ignoranti!
Ad esempio, non sappiamo bene come vengano utilizzati i recettori
chimici nei pesci, come vengano interpretate le immagini ultraviolette
nelle specie che hanno fotocettori sensibili a queste radiazioni, non
conosciamo come si attivino certe scelte nella nostra vita comune, nel
conflitto perenne tra il cervello emotivo e quello razionale, come
pretendiamo con modeste conoscenze di comprendere il mondo
sensoriale dei pesci?
Questa riflessione può sembrare una contraddizione, scritta proprio da me che
cerco di studiare di analizzare ogni particolare della attività venatoria,
“ballando con i pesci” ho capito quanto sia difficile da parte di un umano
omeotermo comprendere il mondo dei pecilotermi.
Dobbiamo accettare una forte approssimazione nella nostra interpretazioni
della loro vita anche se poi la chiamiamo scienza.