n.39 - Diario di pesca

Diario di pesca n°39
4 settembre 2005
"L’Ultima Alba" - Lucio - GattoLibero
Buon giorno, sono in anticipo”.
Sono le 5,25 del 4 settembre 2005. Una estate strana meteorologicamente e
venatoriamente. Ma l’alba che sta per arrivare sarà quella di un giorno mite,
con assenza di vento e col mare ancora caldo.
“Fai presto...” -invece di salutarmi carica l’attrezzatura in auto- “… che sei in
ritardo”.
Chi esce a pesca con Giorgio Dapiran lo sa: si è sempre in ritardo. Io presumo
che il suo orario sia quello biologico, perché al mio orologio mancano 5 minuti
alle 5,30. Ed in ritardo non sono!
Ma questa è una tecnica del Maestro. Forse lo fa per rompere il ghiaccio. Per
riprendere il controllo quando la situazione lo impone.
Il viaggio si svolge di notte e con il solito stop alla pompa di benzina, quella di
S. Pantaleo. Si prosegue in direzione nord e i discorsi sono sempre gli stessi.
Stranamente mai si anticipano cose sull’imminente battuta. Si discute di
parchi, di leggi, amici e politica. Donne e gommoni. Mai su cosa si farà in
acqua.
L’ormeggio è strategico e l’auto si ferma in banchina proprio a prua del
gommone.
E’ ancora notte.
L’attrezzatura viene caricata e poi ci si veste.
E’ questa un’altra “fase” critica di una uscita col Maestro.
Chi non conosce i suoi tempi di vestizione può farlo aspettare e qui può
scattare il rimbrotto. Ma oggi ho la muta spaccata con fodera esterna e
facilmente mi vesto prima di lui.
Tutto è pronto: ultimo sguardo ai fucili.
Oggi porto con me quello che il Maestro definisce il “pungi zanzara”, il mio fido
Acqua 100 monoelastico da 20 e mulinellato. Ma è un fucile che ho portato di
“riserva”: uno degli obiettivi è provare il SuperJedi … un fucile visto più volte in
azione e di cui conosco i “segreti” ed i “dettagli” balistici.
Poi il chiarore.
Il Maestro indossa la sua giacca a vento … i soliti occhialoni trasparenti e da
leggermente gas. Abbandona il porto, mette la prua a nord e da manetta.
Un’altra fase critica dell’uscita si avvicina: la navigazione.
Bisogna tenere il proprio posto in gommone: sul tubolare. Solo una volta cercai
la rigida (e comoda) seduta sulla ghiacciaia che accompagna il Maestro da
tempo … e zac mi beccai il cazziatone. Due sono le posizioni: sul tubolare sx
con mare calmo. In piedi al suo fianco e singola mano alla maniglia della
timoneria, se il mare è agitato. STOP.
I quasi 30 minuti di gommone passano lenti, lenti come il sorgere del sole che
si muove per affacciarsi all’orizzonte. Le uniche parole sono gli sguardi verso il
mare.
Arriviamo.
Il Maestro osserva l’acqua: prima la corrente, poi le meduse … molte.
Circostanza che lo mette di ottimo umore. Filo lentamente l’ancora e assicuro
la cima al moschettone.
Fatto questo silenziosamente, velocemente e correttamente, mi mette al sicuro
da ulteriori eventuali “rimproveri”. Ora posso rilassarmi.
“Tu sei un ragazzo di città” mi ha detto, sempre. Sin dal 2000 quando mi portò
a pesca la prima volta. Ho cercato di fargli cambiare idea … adattandomi alle
sue “regole” di navigazione e pescando. Oggi non me lo ha ancora detto. Ma
ora devo pescare.
Mai entrare in acqua prima di lui: aspetto il mio turno.
Ricevo le istruzioni, compresa quella di dove dirigermi e di portare il pallone.
Aspetto che si allontani nella sua direzione e mi immergo avviandomi nella
direzione opposta.
Il sole è ancora leggermente sotto l’orizzonte: sott’acqua la dominante blu
domina i colori. La posidonia verde è blu scuro, il bianco granito appare di un
verde fosforescente. Una leggera corrente arcua il cavo dell’ancora sotto la
chiglia e mi contrasta l’avanzamento. Faccio uscire l’aria dalla muta. Carico
l’arbalete.
Il segreto è rilassarsi.
Non faccio gare, pesco con tutti.
Dovunque, comunque e su qualsiasi tipo di fondale.
Ma … oggi fatico a farlo.
“Fai la tua pescata” … questo un consiglio che ho sempre ricevuto da lui.
“Fai la tua pescata” … me lo ripeto spesso: di inverno, quando non si vede una
coda.
Quando tira il vento.
Quando ho la preoccupazione e l’ansia della cattura.
Quando mi annoio.
Quando mi prende lo sconforto.
“Fai la tua pescata”, me lo ripeto anche quando sono a pesca con lui, ma non
riesco sempre e subito a rilassarmi.
Il forte OroOlimpico, “temuto” (in senso metaforico) pure dal Maestro, continua
a confessarmi che la notte prima un uscita con Giorgio non riesce a chiudere
occhio. Condizione che lo porta allo stremo il giorno dopo.
Al secondo tuffo quello che accade, rompe il circolo vizioso.
Imbraccio il mio 100 e a soli 17 metri, a filo col termoclino, un branco di
denticotti mi si fionda davanti. In retroguardia un esemplare di taglia media:
3kg. Il tiro parte e lo prende alto. Il pesce si tuffa nella posidonia e si straccia.
Lo vedo allontanarsi con il la sua ferita “catarifrangente” che lo renderà visibile
per molto tempo.
Mi rendo conto di aver perso la mia occasione: forse era troppo lontano. Anche
se pesco con la doppia passata il tiro è arrivato lento. Non lo saprò mai.
La prima sessione continua con frequenti incontri di modesti branchi di piccoli
dentici. Pesci che il Maestro non approverebbe. Mia figlia e mia moglie si.
Pur di non cappottare mi rivolgo a un bel maggiore degno di essere messo a
pagliolo.
Finisco quando mi accorgo che Giorgio è in gommone.
Dopo pochi minuti mi è vicino. Salgo a bordo.
Nemmeno lui ha dentici, ma due saraghi maggiori.
Dice che li ha visti, svogliati e lontani.
Mentre ci spostiamo verso sud per raggiungere il secondo punto, controllo il
mio Sunto: l’acqua è 23°, sopra il termoclino. Ho già rotto il fiato: ho un Day
His che segna 2:01 e una profondità massima di 19.1. Ciò mi tranquillizza.
Levo ancora un chilo in cintura. Il mare è calmo. Il traffico assente.
Anche il secondo ancoraggio avviene senza intoppi.
Il Maestro mi da le istruzioni.
Poi aggiunge: al prossimo tuffo proverai il SuperJedi.
E si allontana verso sud.
Adesso c’è più fondo.
Dai 25 mt grossi panettoni di granito risalgono fino a 18/19 mt, l’acqua è più
limpida del primo punto e la corrente assente. Verifico il termoclino: 2 metri
più in basso, circostanza che mi permette di appollaiarmi sui cappelli dei
panettoni.
Ma di dentici nemmeno l’ombra.
Mi sposto passando da una cresta all’altra e controllando il circondario dai 19 in
giù.
Metto a pagliolo un altro bel sarago, ma evito di fare casino: sono qui per i
dentici.
Ad un certo punto, mentre sto per appostarmi alla base di un mammellone di
granito, sento il classico schiocco dello sparo di arbalet: poi il rumore del
mulinello e dell’asta che sbatte sugli scogli. Capisco di essere vicino a Giorgio e
riemergo.
Il Maestro “combatte” con un pesce che sbatte forte la coda sull’acqua. E’ a 15
metri da me e mi taglia il largo. Non riesco a capire che pesce sia.
Proseguo accostando ed allontanandomi.
Avvisto solo un denticiotto sui 2 kg, solitario, che si tiene bene alla larga da me
e dal termoclino. Nemmeno i richiami (segreti) serviranno ad avvicinarlo.
Ho, poi, l’occasione di catturare una bella cerniotta di 5 Kg: il pesce tirato in
caduta si scrolla l’asta di dosso imboccando la sua tana a 16 metri, con un
ingresso in corridoio a 90° precisi …. Un fortino. Forse avrei perso pesce e asta,
come sottolineerà il Maestro.
La sessione finisce con il solito gommone che mi preleva.
Giorgio ha ancora dei bei maggiori ed una ricciola di 5 Kg: ecco spiegata la
coda che sbatteva. Dentici nessuno, e nemmeno avvistati.
Racconto delle mie mancate catture e lui mi dice: “La pescata non è ancora
finita”.
Al terzo ormeggio è oramai giorno fatto.
Le prime imbarcazioni alzano il nostro livello di attenzione, anche se il traffico
nautico è scarso.
Siamo in un posto noto. Noto a me, all’OroOlimpico a chiunque sia uscito a
pesca col Maestro. Un posto che ho stampato in mente.
Ovviamente non conosco e non saprò su quali sommi, creste o canaloni Giorgio
pesca: sicuramente ci sarà il punto magico. Ma questo fa parte del gioco ed
ancora una volta mi appresto a ricevere istruzioni.
Ma stavolta il Maestro apre la sacca, tira fuori un secondo fucile. Prende il
SuperJedi che aveva usato fino a quel momento e me lo porge. “Ora pesca tu e
dammi le tue impressioni”.
Il SuperJedi che ho tra le mani è un doppio elastico con una particolarità,
rispetto a quelli di serie, ha una nuova impugnatura. Diciamo una modifica
della tradizionale. Una modifica che permette l’appoggio e l’utilizzo del pollice
della mano destra … come nelle pistole da tiro. La sagomatura è effettuata
artigianalmente, ma già al tatto l’impugnatura si dimostra confortevole e
anatomica.
L’asta da 7 ha 3 pinnette ed è una monoaletta. Il caricamento avviene al
contrario dei soliti doppio elastici: prima si carica l’elastico più corto,
impegnando la tacca più alta e poi, in un solo sforzo, senza passare per
pinnette intermedie, si carica il secondo elastico. Operazione che vista fare da
Maestro … sembra un gioco.
Il fucile mi viene porto carico e per evitare frustrazioni, decido di portare sotto
il pallone anche il mio fido 100.
Mi allontano verso il punto dove ho sempre visto i dentici.
Il Maestro si è, come al solito, avviato in senso opposto.
Il primo pesce che mi viene a tiro è un bellissimo maggiore: sono a 19 metri e
lui si defila alla base di un immenso panettone di granito. Il fucile che
imbraccio ha 6 metri di gittata utile e già immagino l’asta in faccia alla dura
roccia. E il cazziatone del Maestro. Proseguo e giungo dove potrò tirare al
libero.
Sono sui 17 metri in assenza di termoclino. Posidonia e granito a perdita
d’occhio. Ho il sole alle spalle e sto bene.
Il primo branco in avanscoperta giunge numeroso e agguerrito, ma sono tutti
dentici di modeste dimensioni, attendo di intravedere la retroguardia. Solo al
terzo tuffo, cambiando ogni volta appostamento, inizio a scorgere i pesi giusti !
Ma, come si sa, il dentice sulla posidonia è bastardo. L’unica cosa che mi rende
ottimista è il SuperJedi con doppia passata che ho in mano.
Ho visto tiri del Maestro con quest’arma a distanze impressionanti e dentici
cadere fulminati come da un raggio laser! Il brandeggio è incredibile
nonostante la generosa massa, ed è aiutato dalla nuova modifica
all’impugnatura che permette di utilizzare tutta la parte interna della mano e
del pollice. Sono fiducioso.
Ma dopo poco due barracuda, codardi, scodando allontanano il branco. Tutto da
rifare.
Ed è proprio nel cambiare posto e nel perlustrare il circondario che lo vedo !!!
E’ alle mie spalle ad una decina di metri. E’ alto sulla collinetta di posidonia e
granito ad una quota superiore alla mia … saranno 14 metri. Caccia nell’acqua
calda.
E’ contro luce e la sua sagoma è imponente quanto la sua pinneggiata.
Naviga alto e scompare dietro la collinetta.
Risalgo col battito fuori controllo.
Lentamente vado a recuperare il pallone cercando di riprendere il controllo.
Cerco di farmi coraggio: sono a profondità modesta, ho 2 minuti facili di apnea,
ho un SupeJedi … quello del Maestro.
L’unica cosa che mi da angoscia è vedere Giorgio risalire in gommone … la
pescata sta finendo.
Pedagno e risalgo la collinetta.
Decido di nascondermi in una chiazza di sabbia tra le posidonie alla stessa
quota dell’avvistamento, col sole di lato e cercando di intuire i movimenti di
attacco del pesce.
Ventilo.
Sono questi i momenti in cui cerco di cacciare tutto dalla mente, ma mi
ritornano i ricordi del libro sul comodino, l’unico che ho (ri)letto in vacanza:
L’aspetto dinamico al dentice; mi assalgono i ricordi dei dentici grossi presi lo
scorso anno, quando avevo intuito il percorso di attacco e li avevo sparati quasi
come alle spigole curiose. Penso al Maestro che salperà l’ancora.
Scendo.
Passa un tempo indefinibile ed il predone arriva fondandosi nella posidonia a
15 metri da me: si tuffa letteralmente nell’erba marina e dopo aver ingoiato
non so cosa, si ferma. Immobile. Apre e chiude la bocca … poi ritorna indietro
da dove era giunto, verso il sole, alla mia sinistra.
Se avessi avuto una videocamera al posto del fucile, avrei fatto una ripresa
eccezionale: tutto si era svolto a non più di 10 – 15 metri dal mio posto di
appostamento … e lui non mi aveva sentito.
Non oso descrivere il mio stato d’animo durante la preparazione del tuffo
successivo.
Solo il Sunto mi aiuta: come di prassi guardo il tempo in superficie e aspetto i
2 minuti di rito. Decido di appostarmi nella pozza successiva alla mia, in
prossimità di quella dove il predone aveva masticato, stavolta dirigendo il fucile
verso il punto presunto di arrivo.
Scendo e plano, mi sistemo e punto l’arma.
Immediatamente mi trovo i denticiotti nelle pinne, ma resto pietrificato.
Acuisco la vista e lo vedo … sarà a 13 metri. Il fondo è in discesa: come un
ampia pista da sci, non ci sono ostacoli tra me e lui. Lo vedo.
Ma è li, starà digerendo. E’ grosso e scuro. Gironzola ricaricando le forze per un
nuovo attacco. Ma il tempo passa.
Decido di effettuare un richiamo.
Uno, due volte.
Il pesce parte fiondandosi nella mia direzione. E’ un treno.
Copre la distanza che ci separa in qualche secondo. E’ un attimo. Forse una
eternità.
Man mano che s i avvicina, io mi acquatto allungando il braccio.
E’ grosso, spesso, cattivo … !
Poi scatta l’incoscienza e con essa il tiro istintivo, come è oramai genetico
dentro di me: quasi fossi al cospetto di una grossa spigola, molto più lenta del
mostro che ho avanti. Tiro al pesce … di faccia !
Immagino la velocità e la forza dell’impatto.
Un’asta che viaggia a 4 metri con velocità di 22 m/sec e di un pesce che
avanza con una capacità di scatto della stessa entità o superiore. Le velocità
relative di sommano.
Ma è tutto istintivo.
Oramai digerito, a tal punto da essere irrazionale.
Quasi incosciente.
Il tiro non ha storia.
L’asta da 7 mm entra all’altezza dell’opercolo a destra ed esce a sinistra a metà
corpo.
Il pesce parte e la doppia passata di sagola gli consente una breve fuga nella
posidonia rada e senza rocce vicine. Il mulinello fila poco.
Conscio di un tiro preciso, quanto devastante, forzo il recupero e stacco il
pesce dal fondo. La lotta finisce subito: il dentice si arrende, moribondo, in
pochi secondi.
Lo guardo dalla superficie.
Un elicottero mi ronza sulla testa a bassa quota e mi distrae dal pesce.
Lo lascio penzolare a mezzo fondo e lo ammiro in tutta la sua possanza.
Una cattura che vale la stagione.
Recupero la realtà e getto uno sguardo al gommone.
Il Maestro si è tolto la giacca e steso sul fondo del gommone, si concede un
relax al sole. Un’altra circostanza che mi ha aiutato.
Ma ora devo ripercorrere a pinne la distanza che mi separa da lui.
Metto il “mostro” sotto il pallone a fianco del fido legnetto.
Non riarmo nemmeno il SuperJedi, riavvolgo solo la sagola.
Pinneggiando al rientro controllo la preda più volte, lunga quanto il fucile,
trainata sotto il pallone … non vorrei perderla !
Arrivo al gommone e metto il fucile dentro.
Il Maestro si alza.
Salgo in ginocchio sul tubolare (altra regola, soprattutto se si ha pesce in
cintura!) e mi levo la maschera. La sagola del pallone fila alle mie spalle, fino
alla boa … a 20 metri sull’acqua.
“Tira bene questo fucile, Maestro. Scusa se non lo ho riarmato, ma ho fatto un
tiro solo”. E inizio a recuperare la sagola del pallone. La boa si avvicina. La
salpo.
Il pesce è nascosto dal tubolare.
Esce prima il fucile di riserva e poi il pesce.
Il Maestro esclama: “Madonna che ciuccio ! “. Ride divertito come un bambino.
Quando il pesce si distende in gommone posso realizzare le sue dimensioni.
“Sarà 7-8 Kg Giorgio, che dici ?”.
“Macché, sono 9-10 Kg”. Poi, come mi ha abituato da sempre, lo guarda e lo
pesa con gli occhi e dice: “Nove chili. E’ nove chili”.
Alla pesa in banchina, il dentice risulterà 9 Kg spaccati !
E giù con battute, scherzi e sfottò.
Quasi, quasi è più contento di me.
Tanto da farmi le foto: ovviamente una per la bacheca del suo sito.
Il pesce finisce nella giaccia del Maestro assieme alle sue catture … e poi in
quella di casa sua, pronto al ritorno in Continente il giorno dopo.
Durante il ritorno lievito sul gommone.
Sembra un sogno: un dentice di 9 Kg che da senso ad una stagione. Preso in
presenza del Maestro e col suo fucile. Il giorno prima di partire.
L’ultima alba col Maestro: quasi un premio del mare, del destino.
Quella cattura che ti fa partire dalla terra Santa con la gioia di esserci stato e
non col rimpianto di lasciarla. Con un incredibile storia da raccontare, nel
tempo.
L’ultimo atto è un MMS lanciato dal ponte della MobyWonder, lunedì 5
settembre: “ 9kg di dentice a pesca col Maestro! Record personale. Il Maestro
applaude il miglior Cavaliere”.
L’OroOlimpico risponde: “Veramente complimenti ... ma il migliore cavaliere ...
diciamo che hai il culo che ti luccica d’ immenso!”
Lucio GattoLibero